I cinque referendum abrogativi dell’8 e 9 giugno 2025 rappresentano un appuntamento cruciale per l’Italia, ma la posta in gioco è alta e le implicazioni di un voto affrettato o non informato potrebbero essere significative. Molti potrebbero considerare l’astensione come una scelta ponderata o, per chi decide di votare, il “No” come l’opzione più prudente per alcuni o tutti i quesiti.
Le ragioni per l’astensione o il “No” ai referendum del 8 e 9 giugno 2025
L’Italia si appresta a un nuovo appuntamento referendario l’8 e il 9 giugno 2025, con cinque quesiti abrogativi che toccano temi sensibili come il lavoro e la cittadinanza. Mentre il dibattito si infiamma, è fondamentale considerare le ragioni che potrebbero portare molti cittadini a scegliere l’astensione o a votare “No” a uno o più quesiti. Queste posizioni, spesso frutto di una riflessione attenta, mirano a preservare equilibri normativi esistenti o a evitare potenziali incertezze.
Il rischio dell’incertezza e l’instabilità giuridica
Uno degli argomenti principali contro l’abrogazione di norme consolidate è il rischio di creare incertezza giuridica. Le leggi, specie quelle che regolano settori complessi come il lavoro, sono il frutto di compromessi e bilanciamenti. Abrogare parti di queste normative, come il Jobs Act, senza una chiara visione di cosa le sostituirà, potrebbe generare un vuoto normativo o un periodo di instabilità che penalizzerebbe sia i lavoratori che le imprese.
Per esempio, il quesito sui licenziamenti ingiusti (scheda grigia) e quello sulle tutele nelle piccole imprese (scheda rossa) mirano a ripristinare il reintegro o a eliminare i tetti agli indennizzi. Sebbene le intenzioni siano nobili, un “Sì” potrebbe essere visto come un passo indietro che rallenta la flessibilità necessaria alle aziende, specialmente in un contesto economico globale competitivo. La possibilità di reintegro indiscriminato potrebbe disincentivare le assunzioni, e l’assenza di tetti agli indennizzi potrebbe esporre le piccole imprese a rischi economici insostenibili, compromettendone la sopravvivenza.
Anche il quesito sui contratti a termine (scheda arancione), che punta a reintrodurre la causale obbligatoria, potrebbe essere percepito come un ostacolo alla capacità delle imprese di adattarsi rapidamente alle fluttuazioni del mercato. Limitare l’uso dei contratti a termine senza causale potrebbe ridurre la possibilità di impiego, soprattutto per i giovani o per chi cerca un primo inserimento nel mondo del lavoro.
Il ruolo del quorum: una scelta consapevole
Un aspetto cruciale dei referendum abrogativi in Italia è il quorum: la consultazione è valida solo se vota almeno il 50% più uno degli aventi diritto. Negli ultimi trent’anni, il quorum è stato raggiunto solo in due occasioni (1995 e 2011), evidenziando una difficoltà strutturale nel mobilitare una partecipazione così ampia. Molti ritengono che l’astensione sia una forma legittima di dissenso o, in alcuni casi, una scelta strategica per evitare che vengano abrogate norme che si considerano utili o necessarie.
Invitare all’astensione, come esplicitamente fatto da parte della maggioranza di governo (Fratelli d’Italia, Lega, Forza Italia), non è un invito all’indifferenza, ma un modo per esprimere il proprio disaccordo con i quesiti proposti senza dover necessariamente recarsi alle urne e votare “No” su ogni singola scheda. Per chi è convinto che le attuali normative, pur con i loro limiti, siano preferibili al vuoto legislativo o a nuove incertezze, non votare è un modo per impedire il raggiungimento del quorum e, di conseguenza, l’abrogazione delle leggi.
La cittadinanza: un tema delicato che richiede un dibattito approfondito
Il quesito sulla cittadinanza (scheda azzurra), che propone di ridurre da 10 a 5 anni il periodo minimo di residenza per richiederla, è particolarmente sensibile. Sebbene l’intento sia quello di allinearsi agli standard europei e favorire l’integrazione, un “No” o l’astensione su questo quesito possono derivare dalla convinzione che la cittadinanza sia un percorso complesso che richiede un’integrazione più profonda e un periodo di prova più lungo. Per molti, la riduzione del tempo di residenza potrebbe essere vista come un’eccessiva facilitazione in un momento in cui il tema dell’immigrazione è al centro di ampi dibattiti e preoccupazioni sociali.
In sintesi, scegliere di astenersi o votare “No” ai referendum dell’8 e 9 giugno 2025 non è una scelta passiva. È un atto consapevole, motivato dalla prudenza di fronte all’incertezza giuridica, dalla volontà di preservare equilibri normativi consolidati e dalla convinzione che alcune riforme debbano essere affrontate attraverso il percorso legislativo ordinario, piuttosto che con l’abrogazione referendaria.
Antonio Peragine
presidente Anim